domenica 21 aprile 2013

1997 - Fuga da New York

1997 - Fuga da New York

L’isola di Manhattan è diventata un carcere di massima sicurezza. Non vi sono guardie al suo interno, ma l’intero territorio è controllato dagli elicotteri della polizia. Nonostante i controlli, un aereo, con a bordo il presidente degli Stati Uniti e alcuni membri del governo, viene dirottato verso un grattacielo. Il presidente riesce a salvarsi ma viene rapito dai carcerati. Non hanno alcuna intenzione di dialogare, di conseguenza l’unico sistema per salvare il presidente è infiltrare, all’interno dell’isola, un reduce di guerra (condannato a una pena da scontare nel carcere). Ha esattamente 24 ore di tempo per farlo, se no morirà. In caso contrario sarà libero. Carpenter attinge dall’estetica dei fumetti; riesce così, attraverso la costruzione di un ingegnoso apparato scenografico, a dirigere un thriller fantascientifico d’azione al di sopra della media per ricchezza di idee, invenzioni visive, tematiche trattate. L’invenzione di una New York in via di “estinzione” è geniale; solo Carpenter poteva modellare così la “grande mela”, iniettandovi, con stravagante spavalderia, quel suo radicale pessimismo che lo rende unico. Il film camuffa abilmente il suo contenuto attraverso l’originale fantasia visiva e sonora che, sotto la direzione del regista, raggiunge un’energia insolitamente inquietante e rara nei film del genere a cui appartiene. A tratti ingolfato dagli stereotipi dell’action movie, ha il suo punto di forza nell’apocalittica sottotraccia; smontando ironicamente l’intero sistema socio-politico americano, riesce ad essere attendibile e incredibilmente moderno, a tratti addirittura profetico (l’attacco terroristico per mezzo di un aereo che si schianta su un grattacielo). Si avvale di una secca energia narrativa, surrogata egregiamente dai notevoli contributi tecnici (fotografia di Dean Cundey; scenografia di Joe Alves). Il fascino notturno delle scene coniuga sguardo visionario e lucida percezione della realtà. Permeato da quell’anomalo fascino degli ’80. 



Danilo Cristaldi

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