lunedì 22 aprile 2013

Il terzo uomo

Il terzo uomo


Holly Martins (Joseph Cotten), uno scrittore di romanzi western, arriva a Vienna e riceve subito una terribile notizia: l’amico Harry Lime, che lo aveva chiamato a trascorrere un po’ di giorni nella città austriaca, è morto in un incidente stradale. Martins sente puzza di bruciato e pensa che Lime sia stato assassinato, così cerca di scoprire il mistero. Tutto porta alla necessità di conoscere l’identità di un “terzo uomo”, un testimone che potrebbe risolvere l’enigma. Chi è costui? Scritto da Graham Green, è un thriller di taglio espressionistico incredibilmente suggestivo e affascinante, coadiuvato splendidamente dal bianconero di Robert Krasker e dall’accompagnamento musicale su cetra di Anton Karas. Carol Reed è il regista, ma potrebbe essere considerato un film di Welles a tutti gli effetti. Vi è, infatti, tutta la sua concezione cinematografica, con un largo uso dei suoi ingredienti preferiti: inquadrature insolite, atmosfera inquietante, attori dalle facce giuste, narrazione in crescente evoluzione. Nell’assistere ad un racconto dai tipici tratti da film giallo, si assiste al classico esempio di un film di genere che ne trascende i limiti per virtù di stile. Oltre all’evidente qualità figurativa, vi è da sottolineare la compattezza dei suoi elementi, tenuti insieme da una rete di componenti stilistiche non prive di una maestria narrativa che è insieme innovazione e saggezza cinematografica. Nell’accoppiare felicemente spensierato romanticismo e cruda visione della realtà umana, Reed tiene d’occhio la psicologia dei personaggi e non trascura uno degli elementi più importanti del genere: la suspense. Il personaggio di Harry Lime è il riassunto della crudeltà del nostro secolo, composta da menzogne e atrocità assurde, all’interno di una cornice (una Vienna caratterizzata da ombre e penombre) apparentemente linda e cristallina fuori, ma putrida e marcia dentro, dove il tarlo del peccato ha già mostrato la sua orrida presenza. Assistito da un cinico umorismo, è un film magistrale sotto tutti i punti di vista, con una memorabile interpretazione di Welles e una battuta che divenne celebre: “Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”.


Danilo Cristaldi

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